EPAP A COLORI
PREMESSA
Superata oramai da qualche anno la maggiore età dell’Epap è arrivato il momento di trasformare l’Ente da una situazione di ente binario (da una parte il Patrimonio e dall’altra il Montante) o, se vogliamo, di un ente in bianco e nero, ad un ente che sappia cogliere la poliedricità che caratterizza la realtà e, conseguentemente, le necessità degli iscritti. Alcuni primi passi in questa direzione sono già stati fatti (assistenza…) e si rende ora possibile, ma anche necessario, un cambio di passo che permetta di superare le diverse criticità e rigidità che l’ente si trova a vivere come retaggio del passato. La sfida, inutile nasconderlo, è quella di passare ad un welfare attivo; per vincere la quale però occorre una chiara visione strategica che consenta di creare i necessari presupposti, sia normativi e sia finanziari.
1. PUNTI DI PARTENZA DELLE CONSIDERAZIONI
1.1 Pensione a livelli di insufficienza
La analisi della situazione attuale e prospettica dell’Epap e degli iscritti evidenzia una situazione di forte criticità in materia di (mancata) sufficienza delle pensioni degli iscritti, sia nella situazione attuale in cui il tasso di sostituzione (TS) è al 17,5 %, sia nella situazione prospettata dalla ALM (+2% integrativo e + 2% soggettivo e rendimenti al 2,2% netto inflazione) in cui il TS arriva al 30,5%. Tale livello di insufficienza impone:
da una parte una riflessione sulla capacità del sistema contributivo di far fronte alle necessità previdenziali dell’iscritto (aspetto comunque non modificabile dall’Ente). Scarsa capacità in parte dovuta all’impianto normativo con cui il sistema contributivo è stato attuato (non ultimo l’aspetto fiscale), in parte al sistema stesso (in cui piccole somme sono accantonate per lungo tempo, che poi crescono pian piano e diventano grandi somme accantonate quando oramai però sta finendo il tempo e si va in pensione).
dall’altra parte una riflessione seria sulla necessità di trovare altre vie (alternative al versamento contributivo) utili al miglioramento della vita pensionistica dell’iscritto. Vale a dire: uscire dal recinto (importo della pensione) in cui sino ad ora ha operato l’Epap per proiettare la propria sfera operativa sull’intera vita pensionistica dell’iscritto. Ciò partendo dalla constatazione che il tenore di vita di una persona è dato non solo dalla pensione ma anche dal livello delle eventuali entrate integrative, a fronte dei costi complessivi da sostenere. Occorre quindi creare i presupposti affinché la pensione, nei livelli conseguibili con il sistema pensionistico, possa avere le caratteristiche della sufficienza grazie al fatto che, durante la vita lavorativa (e con il sopporto dell’Epap) l’iscritto è riuscito (ad esempio) ad affrancarsi dal pagamento del canone di affitto della propria abitazione (conseguendo quindi un contenimento delle spese) e magari (ad esempio) anche ad acquistare il proprio studio professionale; conseguendo dunque una integrazione di reddito (affitto dello studio) con cui far fronte ai costi della vita pensionistica.
Aiutare l’iscritto a sostituire il canone di affitto (tipicamente eterno) con la rata mutuo (tipicamente a termine) porta ad effetti positivi enormi in termini di miglioramento del livello di vita nel periodo della pensione (ampiamente superiori a quelli conseguibili destinando le stesse somme incrementali a montante pensionistico dell’iscritto). Ciò in quanto dette somme incrementali sarebbero comunque modeste (in quanto gran parte della rata è comunque sostitutiva del canone di affitto). Mentre il vero motivo per cui oggi ciò non avviene è perché l’iscritto, soprattutto nei primi anni di attività, è frenato nella realizzazione dell’investimento soprattutto dalla difficoltà di disporre delle somme di capitale proprio (almeno il 20%) necessario a far fronte all’acquisto. Qui l’Epap potrebbe intervenire (certo non con contributi in conto capitale come fatto da altri enti previdenziali) creando le condizioni di superamento della problematica; nella consapevolezza che è anticipando la data degli investimenti (e quindi intervenendo sul fronte dei giovani professionisti) che si incide davvero sulla vita pensionistica dell’iscritto; che altrimenti si trova costretto a dilapidare in affitto parti significative dei propri incassi (che altrimenti andrebbero a rendita).
1.2. Scarsa (o nulla) capacità attrattiva dell’Epap verso i risparmi degli iscritti
I dati sulla contribuzione integrativa (contributi superiori al minimo a livelli irrisori) indicano con tutta evidenza la scarsa capacità di attrazione dell’Epap verso i risparmi degli iscritti. Le motivazioni sono diverse ma il dato di fatto è inequivocabile.
1.3. Assenza di gestioni autonome di trattamenti volontari di previdenza
Attualmente l’Epap, pur prevedendolo nello Statuto (art. 3 comma 3: “trattamenti volontari di previdenza… mediante apposite gestioni autonome, nei limiti di legge, utilizzando fondi speciali costituiti con apposita contribuzione”) è sprovvisto di una gestione autonoma. Occorre riflettere attentamente in merito e, proprio nella consapevolezza dei risultati spesso deludenti di altre casse su questo fronte, provare ad individuare percorsi nuovi ed attrattivi per gli iscritti.
1.4. Eccessiva rigidità nella allocazione delle somme versate
Attualmente l’Epap dispone di due soli maxi contenitori per la allocazione delle risorse: a Montante degli iscritti ed a Patrimonio Netto dell’Ente. Inoltre detta allocazione, una volta definita, risulta di fatto immodificabile. Tutto ciò determina una situazione di estrema rigidità a fronte di una realtà dinamica e mutevole; con conseguenti pesanti sia per l’Ente (che si trova a dover fare nel presente previsioni sulle prospettive di lungo periodo, cosa notoriamente impossibile, con il rischio di sbagliare a proprio danno e quindi mettendo a rischio la sopravvivenza dell’ente o a danno dell’iscritto e quindi penalizzandone il livello di pensione) sia per l’iscritto (perché la necessità dell’ente di cautelarsi dai rischi di sopravvivenza determina tipicamente una penalizzazione delle proprie prospettive pensionistiche).
1.5. Tassazione occulta nel periodo di entrata a regime dell’Epap
L’ente, nato nel 1996 arriverà a regime (equivalenza tra entrate ed uscite contributive) indicativamente dopo 40 anni dalla propria costituzione. Considerato che tutti sono sostanzialmente concordi nell’individuare nell’intorno del 10% un equilibrato rapporto tra Patrimonio Netto dell’Ente e Montante degli Iscritti ciò significa che:
nei primi 40 anni gli iscritti hanno dovuto farsi carico di costituire ed incrementare, con i propri versamenti e con i sacrifici in termini di rendimento del montante, il Patrimonio dell’Ente;
in tutti gli anni successivi gli iscritti dovranno solo preoccuparsi di mantenere costante il livello di Patrimonio Netto (non essendovi più la necessità di incrementare il Patrimonio in quanto anche il Montante diventerà costante e non più in crescita);
Detta situazione costituisce una vera e propria tassa occulta, a carico di coloro che si trovano ad essere iscritti fino all’entrata a regime; tassa occulta che peserà sulla loro pensione nella misura del rapporto sopra indicato Patrimonio Netto/Montante (indicativamente 10%), e che determina una situazione di disequilibrio fra generazioni: a favore delle generazioni future ed a carico di quelle attuali (sulle cui spalle grava peraltro anche il peso, in termini di tassazione, di regimi pensionistici particolarmente favorevoli verso le generazioni precedenti).
2. OBIETTIVI DA PERSEGUIRE E CONSEGUENTI PROPOSTE
La attenuazione, se non il superamento, di ciascuno dei punti critici sopra individuati diventano, evidentemente, obiettivi da perseguire nel breve/medio termine. Nel breve termine per quegli obiettivi raggiungibili senza modifiche statutarie o regolamentari; nel medio termine per quelli il cui raggiungimento determina modifiche regolamentari o addirittura statutarie.
Al fine di quindi di conseguire gli obiettivi sopra indicati si propone la istituzione dei seguenti Fondi:
Fondo individuale contributi volontari;
Fondo individuale extra-rendimento accordato;
Fondo individuale extra-rendimento (temporaneamente) non accordato;
Fondo individuale extra-rendimento non accordabile.
2.1. Istituzione di un Fondo individuale contributi volontari
Detto fondo, già previsto in Statuto (comma 3 art. 3) è attuabile sin da subito da parte dell’Epap. Potrebbe raccogliere tutti i versamenti volontari (ossia quelli superiori al minimo) da parte dell’iscritto liberamente fatti durante l’anno. Al fine di incentivare davvero i versamenti volontari (il cui limite è solo quello previsto dalla normativa: 27% del reddito netto) basterebbe già dare all’iscritto la possibilità di portare dette somme volontariamente versate a detrazione dei contributi soggettivi dovuti negli anni successivi. Lo scopo sarebbe quello di:
Rendere più appetibili i versamenti volontari oltre i minimi di legge; infatti oggi chi si trova in eccedenza di liquidità preferisce mantenerla nel proprio portafoglio anziché versarla all’Epap in quanto non sa, stante la attività libero professionale, negli anni a venire se avrà necessità o meno di dette somme (non potendole decurtare ai versamenti degli anni a venire). Dare questa possibilità avrebbe sicuramente come effetto quello di aumentare i versamenti volontari;
aumentare la flessibilità dell’Ente verso l’iscritto (spesso visto come rigido e vessatorio);
ridurre il livello di sanzioni da ritardati/mancati versamenti (in quanto, in assenza/ritardo di versamento l’Ente andrebbe, alla scadenza, a prelevare direttamente dal fondo versamenti volontari, ricostituendolo semmai al momento dell’arrivo del versamento da parte dell’iscritto.
Un effetto collaterale a favore dell’iscritto potrebbe essere quello di usufruire di vantaggi di carattere fiscale (nel caso versi somme superiori in anni di redditi alti, quando quindi l’aliquota contributiva sarebbe maggiore, e versi meno in anni di redditi bassi, in cui l’aliquota contributiva sarebbe minore).
Tutto ciò a fronte di:
Nessun problema finanziario per l’Ente in quanto le somme sarebbero versate anticipatamente5 dall’iscritto;
Una sola maggiore flessibilità, comunque facilmente gestibile in termini di software.
La differenza con quanto avviene oggi è che attualmente l’iscritto ha la possibilità di fare versamenti superiori al minimo ma:
o vanno direttamente a montante, ma non sono in alcun modo scomputabili negli anni successivi;
o, nel caso l’iscritto non intenda imputarli a montante e mantenerli disponibili per gli anni successivi, non sono fruttiferi di interesse (con un meccanismo peraltro difficile persino da spiegare).
Entrambi motivi di scarsità di detti versamenti aggiuntivi.
2.2. Istituzione di un Fondo individuale extra-rendimento accordato
Attualmente l'extra-rendimento che il CdA decide di accordare all’iscritto va direttamente a Montante dello stesso; e quindi definitivamente ed esclusivamente destinato ai fini pensionistici.
La proposta è di creare un apposito fondo individuale di extra-rendimento accordato che sia comunque sempre patrimonio dell’iscritto ma che non sia direttamente imputato a Montante (e quindi intoccabile fino alla pensione). Su detto fondo, anch’esso attuabile sin da subito, potrebbero confluire anche:
con potenzialità di crescita del fondo davvero interessanti.
Il vantaggio di non avere a montante dette somme sarebbe quello di renderle disponibili per attività di welfare attivo a favore dell’iscritto (titolare di dette somme) quali il rilascio di fidejussioni a favore di istituti bancari per acquisto abitazione/ufficio, acquisto attrezzatura…Lo scopo sarebbe quello di dare la possibilità ai giovani di acquistare casa/ufficio anche (e quindi prima) quando ancora non hanno quella parte di capitale proprio che la banca richiede per il rilascio di un mutuo ipotecario. Ciò permetterebbe al giovane iscritto di acquistare casa/ufficio con un anticipo di 8-10 anni rispetto alla media e quindi costituirsi un piccolo patrimonio personale a garanzia di una vecchiaia economicamente più serena. L’importo della fidejussione potrebbe/dovrebbe essere proporzionale all’entità del fondo (es. 2x, 3x… in funzione di diversi parametri fra cui l’età dell’iscritto).
Il vantaggio per l’Epap sarebbe da una parte quello di favorire il miglioramento del livello di vita dell’iscritto (non solo nella fase pensionistica ma anche prima) e dall’altra di attuare un serio programma di welfare attivo senza particolari oneri finanziari interni (sempre rischiosi per la tenuta patrimoniale dell’Ente).
È chiaro a chi scrive che inizialmente i numeri saranno piccoli, ma è altrettanto vero (soprattutto se si opera anche sui contributi integrativo e di solidarietà) che i numeri potrebbero diventare interessanti per l’iscritto già nel giro di 4-5 anni.
Poter anticipare di qualche anno l’acquisto di un immobile, in un arco di vita lavorativa di 40 anni, non è assolutamente indifferente in termini di qualità della vita pensionistica dell’iscritto; ed avrebbe effetti ben superiori rispetto ai maggiori versamenti.
I rischi di perdita per l’Epap (conseguenti al rilascio di una fidejussione superiore all’entità del fondo) sarebbero attenuabili:
prevedendo la possibilità di recuperare le somme perdute dai successivi extra-rendimenti accordati, dai successivi contributi integrativi supplementari, dai successivi contributi di solidarietà;
sia prevedendo un piccolo costo a carico dell’iscritto per il rilascio della fidejussione.
Tutto ciò nella consapevolezza che già oggi l’Epap offre all’iscritto agevolazioni per l’accesso al credito. Ciò che si propone in questa sede però presenta diverse differenze in quanto:
in termini di garanzia (e rischi conseguenti) attualmente l’Epap garantisce interamente con il proprio Patrimonio Netto (con i conseguenti rischi e limiti). Nella presente proposta l’iscritto invece viene coinvolto significativamente nella garanzia (con le conseguenze facilmente immaginabili sia in termini di coinvolgimento dell’iscritto e sia in termini di platea potenzialmente soddisfacibile);
in termini di importo nel fatto che oggi sono determinati da Epap (e quindi estremamente rigidi) mentre nella presente proposta proporzionali alle somme presenti nel fondo ed all’età dell’iscritto (da cui dipenderebbe il fattore di moltiplicazione);
Occorrerà, evidentemente, ragionare sui requisiti di accesso al rilascio della garanzia (regolarità contributiva, regolarità di presentazione modello 2, assenza di dilazioni in corso, numero minimo di anni di iscrizione all’ente…), sia per il contenimento dei rischi e sia per evitare ulteriori carichi di lavoro del personale dell’ente (da evitare assolutamente per non gravare in alcun modo sui costi dell’ente); mentre per la affidabilità del cliente farà fede la decisione dell’istituto mutuante.
2.3. Istituzione di un Fondo individuale extra-rendimento (temporaneamente) NON accordato
Attualmente l’extra-rendimento che il CdA decide di NON accordare all’iscritto va direttamente a Patrimonio dell’Ente e quindi irrimediabilmente perduto per l’iscritto. Peraltro, andando in un fondo unico si perde anche memoria del livello di apporto effettuato da ciascun singolo (elemento di conoscenza comunque importante per l’Ente).
La proposta è di creare un apposito fondo individuale di extra-rendimento (temporaneamente) non accordato (per quanto possibile sia ascrivibile a Patrimonio dell’Ente) allo scopo di rimandare, di fatto, ad una situazione futura (di anno in anno una volta che l’iscritto è in pensione) la decisione (pienamente in capo al CdA, nel rispetto degli indirizzi del CIG) di trasferire quota parte delle somme di detto fondo di riserva individuale direttamente a Pensione oppure trattenerle a Patrimonio dell’Ente. Vale a dire che:
A favore dell’Ente: verrebbe attenuato l’effetto del trasferimento a montante dell'extra-rendimento (che da una parte diminuisce il patrimonio dell’ente e dall’altra aumenta il montante da rivalutare) in quanto le somme non riversate direttamente a Montante ma mantenute nel Fondo di Riserva Individuale verrebbero comunque iscritte a Patrimonio dell’Ente;
A Favore dell’Iscritto: viene mantenuta la possibilità per l’iscritto di vedersi trasferite a Montante, al momento in cui va in pensione, delle somme che altrimenti l’Ente avrebbe annualmente (e, a quel punto, definitivamente) trattenuto a Patrimonio.
Nel complesso si raggiunge un maggiore equilibrio generazionale fra gli iscritti in quanto: mentre oggi il peso di costituire il Patrimonio dell’Ente grava tutto su coloro che risultano iscritti nei primi 40 anni di vita dell’Ente (tassa occulta) così facendo si crea un “Patrimonio rotazionale dell’Ente” scaricando una parte di detto peso sulle generazioni a venire.
Entrando maggiormente nel merito: in base a quali considerazioni il CdA potrebbe, di volta in volta, decidere se trasferire o meno a pensione dell’iscritto la quota annua di detto fondo? Si ritiene che l’unico parametro adeguato sia il rapporto Patrimonio Netto dell’Ente/Totale Montante degli Iscritti (a solo titolo di esemplificazione: qualora si individui un rapporto di equilibrio P.N./M. >= 10% detto trasferimento potrebbe avvenire negli anni in cui detto parametro sia superiore all’11%, oppure al 12%; sulla base degli indirizzi che il CIG deciderà di dare al CdA).
Si ritiene che detto fondo, per come proposto, potrebbe essere costituito sin da subito ma, per essere utilizzato nelle forme ipotizzate, richiede delle modifiche regolamentari (comunque non impossibili e pienamente coerenti con lo spirito di prudenza gestionale dell’Ente; anzi pienamente migliorative in quanto spostano le decisioni in un futuro nel presente non prevedibile).
2.4. Istituzione di un Fondo individuale extra-rendimento non accordabile
Attualmente l'extra-rendimento non accordabile all’iscritto (40%) va direttamente a Patrimonio dell’Ente e definitivamente confuso in esso. Tenerne traccia separata, pur mantenendolo all’interno del Patrimonio Netto dell’Ente, permetterebbe di mantenere la possibilità, in futuro (previa modifica regolamentare), di:
Detta decisione sarebbe comunque annuale (in analogia con quanto indicato per il fondo individuale di extra-rendimento non accordato) e di intera competenza del CdA dell’Epap (nel solo rispetto degli indirizzi del CIG) e da attuarsi nei soli casi in cui il rapporto PN/Montante sia ampiamente superiore al 10% (es. > 12-13%); ipotesi questa verificabile soprattutto con l’Ente a regime.
Significherebbe creare i presupposti per una potenziale opportunità di riequilibrio fra generazioni del sacrificio fatto per la costituzione del Patrimonio Netto (sacrificio sostenuto dagli iscritti fino all’entrata a regime dell’Ente).
Fino a tale momento detto fondo funzionerebbe come cassa di compensazione:
cresce negli anni in cui il rendimento è superiore alla media quinquennale del PIL;
diminuisce negli anni in cui il rendimento è inferiore alla media quinquennale del PIL (in quanto in tal caso il rispetto della rivalutazione di legge avrebbe luogo primariamente attingendo a detto fondo e secondariamente al resto del Patrimonio Netto).
In tale ottica avrebbe anche una importante funzione di verifica della bontà operativa dell’ente (tanto maggiore è la sua consistenza quanto più l’Ente riesce ad avere rendimenti al di sopra di quanto normativamente previsto); aspetto tutt’altro che trascurabile in termini di potenzialità informativa, sia per l’ente e sia per gli iscritti.
Si ritiene che detto fondo, per come proposto, potrebbe essere costituito sin da subito ma, mentre il suo uso a garanzia dei rendimenti di legge è possibile sin da subito il suo utilizzo a fini pensionistici dell’iscritto richiede serie modifiche regolamentari (comunque non impossibili ed anch’esse pienamente coerenti con lo spirito di prudenza gestionale dell’Ente; anzi anche in tal caso migliorative).
Roma lì 20.12.2017