Il 20 aprile è stato approvato il Bilancio consuntivo 2015
dell’Epap con il voto favorevole di tutti i consiglieri e la mia
astensione. Mi sono astenuto perché, pur riconoscendo molteplici
passi avanti rispetto ai bilanci precedenti ho ritenuto che si
sarebbe potuto fare di più e che molto ancora c’è da fare. A
seguire allego il testo integrale del mio intervento ma qui mi preme
riassumerne i punti essenziali:
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Punto di estrema importanza è la disponibilità, scritta nella relazione sulla gestione a ripensare l’aumento del contributo soggettivo obbligatorio dal 10% al 15%. È una battaglia che faccio da sempre, certo non da solo, e su cui molto ancora c’è da fare ma che ci lascia tutti ben sperare.
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È già iniziata l’opera di revisione dei contratti in essere e delle spese per consulenze, allo scopo di contenere spese che apparivano sicuramente fuori controllo. Ricorderete sicuramente le molte battaglie fatte dal sottoscritto, ebbene incominciamo finalmente a vederne i risultati (un solo esempio: la parcella dell’avvocato che ha seguito il ricorso a seguito delle elezioni, che è stata dimezzata rispetto a quanto accordato nella precedente consiliatura. Su tale specifico punto ero intervenuto proprio a novembre scorso). C’è ancora molto da fare ma avere iniziato è già una gran cosa
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Disponibilità a rivedere la valutazione della sede. Ad oggi la sede è valutata 17 mil. di euro: una follia. Riportare il valore a livello di mercato significa in primo luogo avere un bilancio corretto ed in secondo luogo creare i presupposti perché gli iscritti possano beneficiare di futuri reali incrementi di valore del bene.
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Disponibilità a riconsiderare la classificazione del comparto azionario fra le immobilizzazioni. Oggi viviamo una situazione in cui gli impegni dell’Epap verso gli iscritti sono di lungo lunghissimo periodo mentre i montanti sono investiti prevalentemente a breve. È opportuno spostare nel medio lungo periodo detti investimenti al fine di migliorare i rendimenti. Tutto ciò passa anche per una corretta imputazione delle poste di bilancio.
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Per legge l’Epap è costretto a riconoscere la rivalutazione dei versamenti minimi anche per coloro che non versano o versano in ritardo. Fino ad oggi tale somme venivano prelevate dai rendimenti lordi dei montanti degli iscritti, mentre le sanzioni e le more andavano a patrimonio dell’ente. Vale a dire che, relativamente ai morosi: a pagare erano gli iscritti mentre ad incassare era l’ente. Abbiamo, io e il collega Tambone fatto presente questa incongruenza e ci hanno promesso che a partire dal prossimo bilancio (per questo non c’erano i tempi tecnici) la questione sarà sanata.
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Le elezioni hanno avuto dei costi aumentati in modo assurdo, e non solo a causa della doppia votazione. Ad oggi non abbiamo ancora chiari i motivi e questo non va bene. Ho sollevato, e non solo io, più volte la questione e siamo in attesa di una risposta dalla struttura. Vedremo.
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Nel periodo in cui il nuovo consiglio non si è potuto insediare si è continuato, a parere mio e non solo, a pagare gli emolumenti ai precedenti amministratori (che per statuto erano decaduti). Questa cosa non va bene e, anche qui, aspettiamo che si faccia chiarezza.
Premesso che è sicuramente prematuro, ad appena sei mesi
dall’insediamento, per trarre dei bilanci, debbo però dare atto
del fatto che, dopo una fase iniziale di chiusura, la situazione sta
lentamente ma costantemente migliorando. Molte delle proposte fatte
sono state prese in considerazione (certamente non tutte ma non osavo
sperare tanto) per cui nel complesso esprimo fiducia sul fatto che si
possa fare un buon lavoro. Nella piena consapevolezza che di lavoro
da fare ce n’è tantissimo. Confido vivamente di non essere
smentito in questa mia speranza. Sarebbe una sconfitta innanzitutto
per me che, come ho sempre sostenuto, voglio ottenere risultati
nell’interesse degli iscritti tutti e non fare battaglie a vuoto
(che magari mi farebbero anche fare bella figura ma non gioverebbero
ai legittimi interessi dei colleghi tutti). Vi chiedo insomma di
misurarmi dai risultati e non dai buoni propositi.
Buon lavoro a tutti noi.
A presto.
Ciao.
Alfio
Testo integrale dell’intervento
Gent.mi colleghi tutti
Non ho difficoltà alcuna, essendomi astenuto al bilancio consolidato
di novembre, a riconoscere la presenza di diversi passi avanti
rispetto ad allora, fra cui:
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Disponibilità, espressa in sede di relazione sulla gestione, a ripensare l’aumento del contributo soggettivo obbligatorio dal 10% al 15%;
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Disponibilità manifestata, ed in parte già espressa, a mettere in atto una serie di attività volte al contenimento delle spese in consulenze esterne, previa attenta revisione dei contratti in essere;
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Disponibilità, manifestata dal CdA, a rivedere il valore contabile dell’immobile che, a bilancio per quasi 17 milioni è lontanissimo dal reale valore di mercato e perciò non in linea con i Criteri di Valutazione espressi in bilancio; criteri in base ai quali in caso di “durevoli riduzioni di valore” (pag 31) deve essere rivista la valutazione del cespite a costo; dove (pag. 32) “vengono qualificate perdite durevoli di valore, le riduzioni di valore superiori al 30% rilevate tra prezzo medio di acquisto e valore di mercato alla data di chiusura dell’esercizio”. A tal proposito faccio presente che:
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l’8,5 % del valore totale è rappresentato da costi che non determinano alcun incremento di valore del bene: imposte, onorari per stime, rogito e mediazione;
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il 23% è rappresentato da spese di ristrutturazione che ci hanno visti in causa per anni con la ditta che le ha realizzate in quanto dall’Ente considerate in gran parte non dovute (e quindi, evidentemente, ancor più considerate non determinanti incremento di valore);
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dai tempi dell’acquisto il valore degli immobili è diminuito a livello generale in percentuali mai inferiori al 20% e spesso superiori al 30%.
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Ossia non il 30% ma ben oltre il 40% di quanto a costo non ha riscontro alcuno sul “valore di mercato alla data di chiusura dell’esercizio” rappresentando quindi una evidente “perdita durevole di valore”.
Ma nel mentre prendo atto favorevolmente quanto messo in cantiere dal
CdA non posso non chiedermi come si possa, nello stesso bilancio, da
una parte prendere atto di questa situazione e dall’altra
continuare a considerare come prudenziale la valutazione a costo. Ma
soprattutto, ancor più, mi chiedo come possano continuare a cadere
nell’errore il Collegio Sindacale e la Società di Revisione; cioè
come possano fino ad oggi aver considerato prudenziale un bilancio in
cui il valore della sede è a 17.000.000 e come possano perseverare
nell’errore.
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Disponibilità manifestata verbalmente dal Presidente a riconsiderare la classificazione del comparto azionario all’interno delle Immobilizzazioni.
Voglio precisare che non mi è chiaro come detta voce possa essere
ricompresa nelle Immobilizzazioni e non nell’Attivo Circolante. È
di tutta evidenza infatti come l’azionario, per la tipologia di
fluttuazione e movimentazione che lo caratterizza sia tutt’altro
che una immobilizzazione. In ciò mi ritengo confortato da quanto
precisato in merito dalla Commissione Bilancio ove afferma che “in
ogni caso non è la tipologia di titolo più o meno adatta ad essere
immobilizzata, quanto se destinata a permanere nel tempo o meno”.
Ritengo infatti che tale affermazione non confuti, bensì rafforzi
tutti i dubbi in proposito anticipati dallo scrivente alla
commissione. Ricordo infatti a tutti che l’obbligazionario a
bilancio è messo tra le immobilizzazioni per la quota di duration >7
anni, nell’attivo circolante per duration < 7 anni. Se quindi mi
si dice che le azioni “permangono nel tempo” per oltre 7 anni
allora mi chiedo a cosa servano i gestori esterni, se invece mi si
dice che esse sono frequentemente monitorate e gestite (conformemente
al compito dei gestori esterni) allora mi si deve spiegare come
possano essere ricomprese fra le immobilizzazioni.
La mia impressione è che con questa classificazione si voglia dare
un “equilibrio” al bilancio tra immobilizzazioni e attivo
circolante che altrimenti non ci sarebbe. Ciò in quanto, è di tutta
evidenza, nelle obbligazioni (vedi tab. a pag. 19) siamo troppo
sbilanciati sul breve (e quindi non possiamo considerarle
immobilizzazioni). Ma se così è la risposta non può e non deve
essere una impropria classificazione delle poste ma una diversa
allocazione delle risorse. Ossia verso “una durata media del
portafoglio correlata con quella del debito contributivo verso gli
iscritti”.
Chiudo tale argomento quindi ribadendo da una parte di prendere atto
favorevolmente della disponibilità del Presidente a riconsiderare
tale classificazione e dall’altra chiedendomi e chiedendo a tutti
noi se il CIG non possa o non debba pronunciarsi nel merito.
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Disponibilità, manifestata verbalmente, a rivedere la determinazione del rendimento netto eliminando la detrazione degli importi necessari a coprire le rivalutazioni dei montanti dovuti e non versati; accogliendo così la proposta fatta dallo scrivente e dal collega Tambone.
Ove non fosse chiaro detta modifica avrebbe effetti positivi sulla
determinazione del rendimento netto e, in prospettiva, sulla
rivalutazione del montante degli iscritti.
Ma così come riconosco favorevolmente i molteplici passi avanti, di
merito e di metodo, non posso non nascondere il mio disappunto per:
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La scarsa chiarezza che ancora oggi, nel mentre ci troviamo ad approvare il bilancio, circonda la vicenda delle spese elettorali, sia in termini di responsabilità (di cui comunque prendiamo atto dell’inizio di un iter di accertamento) e sia in termini di incremento di costi; aspetto questo che meritava un serio approfondimento prima della discussione a bilancio, sulle cause che hanno determinato incrementi di spesa così consistenti (+ 97% su voto elettronico, + 80% su postalizzazione, al netto delle spese aggiuntive per la seconda tornata elettorale). Non può essere accettato infatti un aumento così abnorme senza un serio approfondimento in CIG.
Né può essere accettato il tentativo di accreditare il Collegio
Sindacale dell’opera di sensibilizzazione su tali punti quando
tutti noi ricordiamo come tali aspetti siano stati sollevati da
membri del CIG (e non solo dal sottoscritto), in sede di discussione
sul consolidato 2015; quando NULLA traspariva dalla relativa
relazione del collegio sindacale. Non può essere accettato perché
non rispettoso non tanto nei confronti dei colleghi che hanno
sollevato la questione, ma non rispettoso dell’intero Consiglio.
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Stesso identico discorso vale per la questione della erogazione degli emolumenti ai precedenti amministratori nel periodo 30.05.2015-08.10.2015 (dallo scrivente e non solo ritenuta non dovuta).
Su questi due temi prendo quindi atto favorevolmente che il Collegio
Sindacale abbia POI fatto proprie le istanze del CIG ma non posso
accettare che venga sottaciuto e persino disconosciuto il ruolo di
impulso che nel merito il Consiglio indubbiamente ha avuto.
Un aspetto di estrema importanza che invece pongo alla attenzione del
Consiglio è la applicabilità o meno al nostro ente del decreto
legge 95/2012 (c.d. legge Madia) e successive modificazioni e
interpretazioni (Circolare Ministeriale 4/2015). Su tale aspetto, che
volutamente non ho sollevato in precedenza per evitare
interpretazioni personalistiche che non mi appartengono, ritengo sia
inderogabile avere un solido parere legale, prima della votazione al
bilancio.
Chiudo l’intervento sul Bilancio con la speranza che a partire dal
bilancio 2016 il CdA voglia e sappia mettere mano seriamente al
contenimento delle spese ordinarie di gestione (costo degli organi,
costo medio dei dipendenti, pulizia, sicurezza sul lavoro, sito web,
abbonamenti a riviste, cedolini…).
Grazie
Alfio Bagalini